Cifre alla mano la trilogia di Pirati dei Caraibi ha al suo attivo appena 5 anni di lavoro (il primo capitolo è stato girato nel 2002 mentre il secondo ed il terzo nel 2006) ed una cosa come:
- più di 8.000 costumi di scena
- una ruota di mulino alta 5 metri e pesante 800 chili
- 400.000 metri di pellicola
- un Kraken completamente digitale
- una palude riprodotta in un teatro di posa
- 10.000 biglietti aerei per far viaggiare da una location all’altra cast e staff
-
Due navi (la Perla Nera e l’Olandese Voltante del film) realmente esistenti
- 2.5 Miliardi di Dollari d’incasso al box-office sparsi su tutta la trilogia
Ok, dopo questa piccola lista della spesa sui numeri di Pirati dei Caraibi forse sarebbe il caso di parlare dei film.
La Maledizione della Prima Luna
(The Course of the Black Pearl)
Il primo film della trilogia, il più osannato e adorato, non si sa come ma varcando i confini nazionali il titolo da “La maledizione della Perla Nera” (Perla Nera è il nome della nave di Jack Sparrow, uno dei protagonisti del film) è diventato “La maledizione della prima luna”… mistero dei direttori di traduzione…
Qui fanno la loro comparsa per la prima volta il CAPITANO (come tende sempre a sottolineare lui) Jack Sparrow (Johnny Depp), pirata dall’abbigliamento spiccatamente glam e dall’ancor più strano carattere, Will Turner (Orlando Bloom), figlio del pirata Bill “Sputafuoco” Turner, arrivato nei Caraibi dall’Europa alla tenera età di 10 anni, alla ricerca del padre scomparso dopo la morte della madre; viene salvato dal Governatore Swann, padre della bella Elizabeth (Keira Knightley).
I destini di questi tre personaggi s’incontrano a Port Royal (dove il padre di Elizabeth è governatore), Jack attracca con una scialuppa che sta per colare a picco al porto e, dopo essere stato riconosciuto, viene rinchiuso in prigione per pirateria. Fortunatamente la notte prima della sua esecuzione arriva al porto una nave di pirati, la Perla Nera, comandata dal capitano Hector Barbossa (Geoffrey Rush), durante l’attacco viene (casualmente) liberato Jack e rapita Elizabeth che sembra possedere qualcosa di molto importante per Barbossa ed i suoi filibustieri. Come spiegherà lui stesso, a causa di una maledizione di un tesoro fantasma lui e la sua ciurma saranno per sempre destinati a vivere una “non vita ” (solo sotto i raggi della luna riprendono le loro vere sembianze di morti viventi)finché non saranno stati raccolti e rimessi al loro posto tutti i medaglioni d’oro che facevano parte del tesoro.
La Maledizione del Forziere Fantasma
(Dead Man’s Chest)
Secondo capitolo della trilogia, qui, anche se la maledizione, nel titolo originale, non c’è, i traduttori italiani hanno pensato bene di fare il verso al primo capitolo e di infilarci un “La maledizione”…
Se il primo film terminava con un “to be continued”, il secondo capitolo della saga riprende proprio dal punto in cui il film ci aveva lasciato: Il giorno del matrimonio di Elizabeth e Will è interrotto dall’arrivo di Lord Cutler Beckett, della Compagnia delle Indie Orientali (ma non siamo in Occidente?!). I due vengono condannati a morte per aver aiutato Jack Sparrow.
Sir Beckett promette di lasciare liberi Elizabeth e Will solo se quest’ultimo riuscirà a recuperare la bussola di Sparrow ed a convincere il corsaro a lavorareper Compagnia delle Indie Orientali.
Ritroviamo quindi il buon vecchio Jack sulla Perla Nera intento alla ricerca di una non ben precisata chiave di un altrettanto misterioso forziere e facciamo la conoscenza del padre non morto di Will (Sputafuoco) che per salvarsi da un destino crudele è entrato a far parte della ciurma di Davy Jones.
Sputafuoco informa Jack che il termine per pagare il proprio debito con Davy Jones (che 10 anni prima aveva recuperato la Perla Nera dal fondo del mare con i propri poteri) è scaduto e che ora chiede in cambio l’anima di Jack.
Dopo una serie (il film dura 3 ore circa e ne succedono di tutti i colori…) di vicissitudini che elenco in perfetto ordine sparso:
- aver evitato di essere mangiati da una popolazione di cannibali,
- aver rotolato per tutt’un’isola all’interno di una palla di corda
- aver combattuto sopra, sotto ed attraverso le pale della ruota di un mulino
- aver conosciuto una sacerdotessa voodoo
- essere scampati all’attacco del kraken (dove al contrario Jack “perde la vita“)
I nostri eroi si ritrovano dalla sopraccitata sacerdotessa voodoo sconsolati ed amareggiati per la scomparsa del caro Jack, quando (colpo di scena) fa ritorno il capitano Barbossa, che mangiandosi una mela (che aveva desiderato potersi gustare per tutto il primo film) dice: “Orsù ditemi, che ne è stato della mia nave?” preannunciando l’inizio del terzo capitolo della saga.
Ai Confini del Mondo
(At World’s End)
Dite la verità a questo punto ci si poteva anche aspettare un titolo del tipo: “La maledizione dei confini del mondo” oppure: “Ai confini del mondo maledetto” e invece questa volta i traduttori non hanno avuto il solito zelante fervore interpretativo di sempre e ci dobbiamo accontentare della mera traduzione.
Come detto precedentemente, il secondo film si ferma prima che i protagonisti (ed il redivivo Barbossa) s’organizzino per trovare il “Brillante Jack Sparrow” (come non smette mai di ripetere la sacerdotessa – la donna più sporca del mondo – voodoo.
Il terzo capitolo (come il suo predecessore) ci butta nel mezzo dell’azione, ma questa volta dall’altra parte del mondo, a Singapore per la precisione, dove Barbossa, Elizabeth, Will e gli altri componenti della ciurma hanno un breve ma intenso colloquio con Sao Feng, per trovare la mappa che conduce ai confini del mondo, oltre che una nave che ce li possa portare.
Il gruppo, capitanato da Barbossa, si dirige quindi alla volta dei confini del mondo (alla faccia di Galileo, Newton e delle teorie sulla sfericità della terra…) dove si trova Jack sulla Perla Nera (in mezzo al deserto più arido).
Qui scopriamo che Jack soffre di strane allucinazioni schizofreniche (anche se devo dire che come allucinazioni sono abbastanza divertenti: NOCCIOLINA!) e di manie di protagonismo. Una volta trovato il caro capitano Sparrow il manipolo di uomini è pronto per riunire il consiglio dei pirati (dove vediamo il padre di Jack interpretato dal chitarrista dei Rolling Stones, Keith Richards) per liberare la Dea Calipso (l’unica in grado di fermare Davy Jones).
Dopo queste vicende ha luogo il più bello scontro navale a cui abbia mai assistito, che poterà la vittoria dei nostri sui cattivi di turno, Devy Jones e Lord Cutler Beckett e la fine della trilogia, con un sempreverde Jack pronto a partire per una nuova avventura assieme al nemico/amico Barbossa, mentre Will e Elizabeth si preparano a vivere una (difficile) vita insieme.
Stretta la foglia…
…lunga la via, dite la vostra che io dico la mia. Ce ne sarebbe tanto da dire su questa saga, ma cercherò per il mio e vostro bene di essere sintetico.
Vi scrive un amante di trilogie (Star Wars “classica” in primis) e perciò meglio sopporto filmoni di 3 ore ed oltre, ma comprendo molto bene le critiche sul fatto che al contrario del primo, che durava “appena” 2 ore e un quarto, il secondo ed il terzo capitolo hanno una durata rispettiva di 3 ore e 3 ore e 20. Alcune volte (più per il secondo capitolo che per il terzo) mi sono ritrovato a guardare gli altri vicini in sala, per vedere che facce facevano… ovviamente nelle parti interessanti/importanti ero molto preso, ma secondo me un film è ben girato (più che altro ben montato) sopratutto quando riesce a mantenere la concentrazione dello spettatore per tutta la sua durata.
Detto questo devo ammettere che l’intera saga è una boccata d’aria fresca per il genere piratesco che personalmente amo e che, salvo rare eccezioni, non ha mai goduto di grande interesse.
Non so voi, io mi sono divertito anche a cogliere i riferimenti ad altri film e perfino ad una trilogia videoludica (quella di Monkey Island) dalla quale, a mio parere, gli sceneggiatori ed il regista hanno attinto durante le riprese.
Come sempre in ordine sparso mi vengono in mente:
- Il cane con le chiavi presente in tutti e tre i film (non so se è un clichè dei film pirateschi o se ho ragione io ed è stato preso dal secondo capitolo di Monkey Island, in cui il protagonista riesce ad uscire di prigione dando un osso ad un cane con in bocca le chiavi, che guarda caso, si chiama Walt)
- Il fatto che il nemico sia sempre un non morto (l’antagonista di tutti i capitoli di Monkey Island è il pirata LeChuck, fantasma nel primo capitolo, zombie nel secondo ed infine una specie di diavolo fiammeggiante nel terzo)
- La bara che Jack usa come barca all’inizio del secondo film ricorda Guybrush Threepwood, il protagonista di Monkey Island, che utilizzava una bara per navigare nella palude che lo conduceva alla casa della sacerdotessa Voodoo.
- La presenza stessa della sacerdotessa voodoo in entrambe le saghe.
- Nel terzo capitolo quando Jack, Will, Elizabeth, Il commodoro, Beckett e Devy Jones sono sull’istmo di terra che è a metà tra gli schieramenti di navi, mi sembrava di vedere “il buono, il brutto e il cattivo“, anzi, se ci si fa caso, Devy Jones alza il sopracciglio proprio come il vecchio Clint!
Del resto lo stesso autore del videogioco, il buon Ron Gilbert, ha ammesso di essersi ispirato all’attrazione di Disney World: Pirati dei Caraibi, per l’ambientazione del proprio videogioco… alla fine è così che nascono le grandi opere, da copie e scopiazzature varie, no?
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